Dichiarazione di vuoto.

Certo che voterò, prima di tutto per le tante elezioni nelle quali ho fatto campagna elettorale in Italia senza poter votare perché ancora di altra nazionalità. Poi lo farò per coloro che si trovano nella stessa situazione e per tutti i lavoratori impossibilitati a farlo perché non verrà loro “concesso” il diritto al permesso di raggiungere il proprio luogo di residenza. E voterò anche per chi si ostina a non votare pensando ancora di compiere una atto di protesta e non un regalo al qualunquismo, al disimpegno e ai molti che li perseguono. Ma voterò, se possibile, sempre più amareggiato e per la prima volta con una leggera sensazione di vuoto. Il Candidato premier del centrosinistra chiede a ciò che resta della sinistra di cedergli la propria esistenza (altro che desistenza!) in virtù del suo timore di vincere/ perdere e gettando sempre più l’elettorato proprio e potenziale nel marasma della scarsa chiarezza sulle future alleanze e cioè di ciò che si potrà fare in controtendenza o in conformità con ciò che è stato sino ad ora mis-fatto. In compenso una “alleanza” oramai sembra certa ed è quella con il secondo classificato alle primarie, nominato delfino sul campo nella Campagna nel Nord e con buona pace del terzo classificato e delle sue intenzioni egemoniche sul primo Partito della coalizione. Il tutto condito con un vecchio e sfigato slogan ovvero che “non si governa con il 51%”, che tradotto significa che comunque vada sarà un insuccesso e bisognerà allearsi con qualcuno. Indovinate chi! E con questo fior fiore di propaganda il Pifferaio mascarato e il Giullare stellato macinano ogni giorno punti di vantaggio. Che tristezza! Ebbene io sono stufo, stufo di un Partito che teme/ rischia di non vincere neanche su una linea moderatamente socialdemocratica perché vittima della sua genesi, di quella “sintesi” innaturale tra le ultime due culture politiche di peso che per 50 e più anni si sono scontrate sul teatro italiano e che a parte una virtù riformistica priva di segno, hanno un bagaglio culturale e valoriale poco coevo (per quanto ancora non saprei dire!), tanto da immobilizzarsi, a livello nazionale e locale, ogni qualvolta si trova a dover decidere su questioni che hanno a che fare “con tutto ciò che rende una vita degna di essere vissuta” e che il Pil non comprende, come ebbe a dire Bob Kennedy. Insomma ho deciso di votare per Rivoluzione civile, per chi ha cercato con mille difficoltà, contraddizioni, omissioni e vincoli elettorali, di lanciare il cuore oltre l’ostacolo. Non è un partito, tanto meno quello di cui sento l’urgenza e non sarà la soluzione a tutta la fame di giustizia sociale ed economica accumulata in questi anni, ma per certo neanche la causa di sconfitte altrui. La crisi è profonda, di sistema e anche alla più sfumata e responsabile delle alterità è inconcepibile chiedere una assoluta cambiale in bianco. Buon lavoro.

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